"GIAMPIERO MANGIAROTTI, CHE SEGNAVA DA QUARANTA METRI ACCOPPANDO GLI UOMINI IN BARRIERA."

La famiglia Mangiarotti desidera esprimere la propria sincera gratitudine ai seguenti signori: il Signor Enzo Pirroni, per il meraviglioso articolo e per la profonda amicizia che lo ha legato a papa' Piero, nonché al Signor Franco Rovati, per la splendida proposta di dedicare il nome dello Stadio di Broni al Dandy, e per la profonda amicizia. Inizialmente, temevamo che a Broni nessuno si ricordasse più di lui, ma il Signor Franco ci ha sorpreso con il suo commovente gesto in memoria del nostro caro papa' Piero.

( Torneo di Viareggio, prodezza del Mangiarotti. Giovanili Spal )


Ogni aficionado di calcio si porta appresso un bagaglio di ricordi, riconducibili ad un gesto atletico, ad una prodezza irripetibile. Quel "quando" che attraversa balenante la storia e ridesta passate stagioni: una sorta di castello fatato accessibile esclusivamente a chi sa lasciarsi imbarcare dalle chimere della memoria. Non sono esclusivamente le imprese dei campioni a ridestare codesto repertorio di fatti mirabolanti: per lo più sono ignoti mestieranti di provincia che, uscendo dalle loro sbiadite esistenze, accendono, per un attimo, l'immaginazione.


A Rimini, di giocatori capaci di calciare il pallone con violenza e precisione ce ne sono stati. Basterebbe ricordare Budriesi, Parlanti, Cinquetti... ma, nessuno, a mio parere, ha posseduto un "do di piede" imperioso e potente come Giampiero Mangiarotti che accoppava gli avversari in barriera e segnava dalla lunga distanza con tale frequenza da impressionare. Giampiero Mangiarotti, era nato a Stradella il 17 febbraio 1935.

La sua era una robusta famiglia borghese. Gli schermitori più volti olimpionici: Edoardo e Dario Mangiarotti erano suoi cugini. Il padre Alessandro Mario, prima di essere capostazione, aveva combattuto nella Grande Guerra ed in Francia era diventato amico di un ufficiale spilungone: Charles De Gaulle. Questa amicizia, tra i due, rimase solida nel tempo. Il giovane Giampiero, crebbe spensierato e felice primeggiando un po' in tutti gli sport, ma fu il calcio che lo ammaliò irretendolo. Fu, pertanto calciatore e come tale percorse le tappe obbligate fino ad approdare alla serie A in quella Spal dei miracoli gestita dal commendator Paolo Mazza. Era il campionato 1959 - 60. In quella stagione ferrarese, Mangiarotti, scese in campo quattordici volte, segnando un solo gol, naturalmente su punizione, a Lorenzo Buffon, portiere dell'Inter e della Nazionale.

Terminata l'esperienza con la Spal, Giampiero Mangiarotti venne ceduto al Modena. A Rimini, la bionda mezzala di Stradella arrivò nel campionato 1962 - 63. Era il Rimini di Romolo Bizzotto, di Romano Scardovi, di Giorgio Perversi, di Vittorio Morelli, di Lino Carletti, di Giovanni Ceschi... In quella stagione Mangiarotti giocò trenta partite e mise a segno 10 reti, sei delle quali su calcio piazzato.

( Papà Piero con la casacca del Rimini Calcio, con i canarini di Modena le compagini che amava di più )
Dicevo della di lui impressionante capacità balistica. Il ricordo di cui parlavo riguarda una partita nella quale a guardia della porta avversaria c'era Renato Bellinelli. In un'epoca in cui i palloni erano ancora di puro cuoio, l'arbitro (si era verso la fine dell'incontro) decretò un calcio di punizione a favore del Rimini. La distanza era sesquipedalica. (C'è chi parla di quaranta metri e più.) Mangiarotti si accinse a calciare. Bellinelli, conoscendolo, per averlo avuto come compagno nel Ravenna, approntò una folta barriera. Lunga fu la rincorsa dell'interno destro riminese. Il pallone partì rasente all'erba, sfiorò l'ultimo difensore in barriera il quale sentì l'ululato del bolide. Bellinelli rimase ritto in piedi riuscendo a tendere a malapena il braccio e restò folgorato. "L'è stè un tir cla brusè l'erba" ebbe a commentare in seguito il bravo portiere sammaurese.

Con Mangiarotti tutti i numeri uno scoprivano tragitti di palla e geometrie assolutamente impreviste. A Rimini, la mezzala lombarda, trovò il luogo ideale per dar sfogo alla innata goliardia ed alla sua esuberante generosità. Stette a Rimini fino alla fine del campionato 1964 -65. Taverneggiò, con altri, presso il Grin bar di via Roma, gestito dal vecchio pugile Alfredo Neri. Frequentò i night clubs ed i ritrovi più esclusivi. Si divertì. Poi a causa di un grave infortunio smise di giocare. Ebbe modo, in seguito, di impiegarsi come agronomo presso l'azienda tedesca BASF che aveva sede a Voghera. La morte lo colse il 18 luglio 1990. Questo stupendo articolo è stato reperito a questo link:  http://www.chiamamicitta.net/6/2880/notizie/RIMINI/Pirroni_Enzo/articolo/Luomo_dal_piede_al_tritolo.html .

Un ringraziamento immenso al Sig. Enzo Pirroni per questo scritto veramente toccante ed intenso! Grazie!!!